Manito Geesohns

 

Una favoletta criptozoologica

 

Parecchi secoli fa un re divise le sue terre tra i figli. Al più anziano e saggio venne concesso un vasto e remoto deserto. Un giorno, non sapendo come sfruttarlo, chiamò alcuni sapienti della sua corte e disse loro: “Andate ed esplorate ogni angolo del mio regno, tra due mesi tornerete e mi riferirete cosa avrete trovato.”

Due giorni dopo una lunga carovana si mise in marcia uscendo dalle porte del palazzo. Era composta sia dai saggi che da guerrieri per difenderli e da servitori che si sarebbero occupati dell’accampamento. Cercavano luoghi verdi da coltivare ma speravano di trovare anche miniere d’oro e d’argento, che sapevano trovarsi in abbondanza in altre località desertiche, cave di sale e forse anche di zaffiri. Era comunque un’impresa ardua perché le proprietà del re comprendevano una vastissima distesa brulla, cosparsa di sassi, abitata solo da cavallette e avvoltoi. La circondavano alte e spoglie montagne infestate da cobra e vipere del deserto. Era passato appena un mese dall’ inizio della spedizione e gli esploratori avevano trovato un giacimento di sale abbastanza promettente ed alcune zone coltivabili, seppur circoscritte a piccole oasi. Una sera, alla fine di una giornata molto faticosa, furono sorpresi da un tremendo ruggito; videro stagliarsi di fronte a loro la sagoma bruna di un feroce leone del deserto. Una creatura fiera e possente, il colore della sua criniera era il colore delle rocce arse che lo circondavano e quello dei suoi occhi era più caldo e chiaro delle migliori ambre che i minatori si affaticano a estrarre da profonde cave sulle rive del Baltico. Gli gettarono carne secca di pecora per placare la sua fame e creare un diversivo mentre fuggivano sollevando nuvole di sabbia in una folle corsa di cavalli e dromedari.



I due mesi passarono e una notte il portone del palazzo venne aperto per far entrare gli esploratori. La luna era già alta e il re stava contemplando il silenzioso paesaggio notturno da un balcone della sua semplice reggia di povero re di una misera terra. Un gruppo di saggi lo raggiunse subito per mostrargli una pianta dettagliata con segnati i luoghi colonizzabili, le oasi, la miniera. Portavano come prova delle loro scoperte alcune foglie staccate dagli alberi e alcuni pezzi di salgemma, alcuni bianchi, limpidi e commestibili, altri rossi come intinti nel sangue. Tuttavia dovettero ammonirlo sulla presenza di feroci predatori, leoni in particolare, che infestavano quei territori già di loro natura inospitali.

 



Saltiamo ora un paio di anni, un arco di tempo molto lungo nella romantica monotonia del deserto. Nulla è cambiato a parte nelle oasi.  Un tempo erano la solitaria dimora di gazzelle, antilopi, tortore, iene e creature bizzarre come solo l’adattamento a terre ostili può creare. Nessuno qui disturbava le cicogne e gli uccelli in migrazione. Ora invece ci sono anche sparute abitazioni, palmeti e campi coltivati ad orzo e ortaggi. Tutt’attorno asini e dromedari pascolano insieme alle resistenti caprette. Bambini sdraiati sulle rocce o intenti a giocare svolgono il noioso compito di sorvegliarle. Anche dove i saggi avevano trovato tracce di sale il paesaggio è lievemente cambiato. Ora c’è l’ingresso di una piccola miniera e a ridosso di una collinetta rocciosa alcune case di paglia e fango dello stesso colore di cui è quasi tutto nel deserto. Ma sono solo leggeri cambiamenti nella secolare immutabilità di questi luoghi. Neanche il palazzo del re è cambiato molto dall’ ultima volta che lo abbiamo visitato. Solo, in un cortile, sono state costruite alcune robuste gabbie per ospitare qualche leone e un recinto per le gazzelle. Contemplarli è l’unica distrazione che un sovrano del deserto può concedersi, oltre ad ammirare la bellezza del tramonto dietro alle montagne e le stelle che brillano sulla pianura.






















Accadde che un giorno alcuni sultani, amici del re, vennero a fargli visita. Egli ne fu molto contento ma essendo in realtà un monarca abbastanza povero non sapeva cosa mostrare loro di interessante se non il suo piccolo serraglio. La reazione dei suoi amici fu totalmente inaspettata. Essi rimasero affascinati alla vista delle fiere che combattevano orgogliose nelle gabbie finemente scolpite. Rimasero ipnotizzati da quegli occhi in cui sembrava di leggere tutto sulla solitaria vita nel deserto. “Portaci a vedere dove vivono queste meravigliose creature!”_ chiesero senza esitazione. Così una carovana di dromedari e soldati a cavallo si inoltrò nuovamente nel deserto in direzione delle montagne. Era guidata dal re e dai suoi amici. Salirono tra le rupi abbandonando la piana desolata.

Alcuni babbuini smisero di cercare insetti e salirono sulle rocce più alte incuriositi dal loro passaggio.

La notte alcune capre selvatiche discesero dai picchi e si avvicinarono all’accampamento. Qualche leone in caccia ruggì.


L’alba nel deserto è uno spettacolo suggestivo ma lo è ancora di più quando di fronte al sole che si alza incandescente si stagliano le sagome scure di un gruppo di cavalieri in corsa. I nobili raggiunsero una pozza d’acqua e dopo aver lasciato i destrieri al riparo di alcune rocce, si avvicinarono lentamente nascondendosi dietro ai macigni. Due tortore passeggiavano accanto alla pozza quando sopraggiunse una gazzella. Stava abbassando il candido collo color panna verso l’acqua ma si bloccò: un ruggito poco distante svelava la presenza di una fiera che veniva all’abbeverata. Anche se la belva non era in caccia era comunque meglio non incontrarla e così la pozza venne velocemente abbandonata.

Il felino fu presto visibile.

Enorme, grosso il doppio dei leoni del serraglio, era un vero gigante. Non aveva criniera ma il suo manto giallo pallido, quasi bianco, era solcato da lucide strisce nere. Una tigre del deserto, una creatura mai vista prima e di cui nessuno aveva mai ipotizzato l’esistenza. Gli uomini dietro alle rocce restarono sbalorditi. La belva si guardò attentamente intorno con i suoi astuti occhi, abbassò il possente muso striato e bevve due profondi sorsi. Dissetatasi tornò tranquilla sui suoi passi e nessuno la rivide più.


I sovrani in visita tornarono nei rispettivi regni e raccontarono entusiasti ciò che avevano visto durante il viaggio. La curiosità e il desiderio di vedere la tigre si diffusero in tutte le terre vicine e anche in alcune contrade più lontane. Presto giunsero i primi visitatori alla ricerca del gigantesco predatore, girovagavano nel deserto e la sera andavano a chiedere ospitalità presso le tribù nomadi delle oasi. Per quanto faticassero nelle loro esplorazioni nessuno riuscì più a vedere la tigre. Tuttavia nessuno fu scontento. Quella che prima veniva considerata una terra inospitale dal paesaggio monotono era stata completamente rivalutata. Ora era la terra della gigantesca tigre del deserto oltre che dello spietato leone. Molti visitatori vennero e sempre meno per ammirare le belve, alla maggior parte bastava godersi la pace del deserto e la visione di alcune creature più pacifiche. Nelle città arrivarono fachiri, giocolieri, incantatori di cobra e ammaestratori di iene e di bertucce. Qualcuno che aveva fiutato l’affare vendeva i frammenti di salgemma rossa a caro prezzo ai viaggiatori raccontando che i cristalli erano intrisi del sangue di tigre e che fungevano da amuleto contro gli attacchi della belva. I visitatori portavano con se pietre preziose, profumi e molta ricchezza, così quello che un tempo era stato un umile popolo di pastori diventò velocemente ricco grazie a quella inaspettata benedizione del deserto che era stata la tigre.

 


Oramai i leoni si sono ridotti molto di numero e vivono solo nelle regioni più remote, mentre il ricordo della tigre, che nessuno ha mai più rivisto, si è ormai quasi perso. Ancora oggi nel deserto comunque passano molti visitatori e alcuni indigeni, a lungo andare, sono diventati guide di mestiere.

Ora, se vi capita di trovarvi con una di queste guide, magari tra le palme di un’oasi e sotto ad un limpido cielo stellato, provate a chiederle quali animali vivono nel deserto. “Iene” _ Vi risponderà_  “capre selvatiche, gazzelle, antilopi, scimmie, e da qualche parte i leoni e la tigre.” E se sentirete un ruggito nella notte allora saprete che vi ha detto la verità.



Note

Questo breve scritto vuole essere un piccolo esperimento di fantasy "naturalistico", ovvero un testo totalmente di fantasia ma che sia allo stesso tempo coerente con le leggi che regolano il mondo vivente per come lo conosciamo.

Non so se  il tentativo sia riuscito, tantomeno se esistono già progetti simili. Posso dire che, esclusivamente per quello che è il mio gusto personale, è un bel testo e mi sembra assolutamente plausibile da un punto di vista naturalistico, sebbene tratti di luogi e personaggi completamente inventati in un periodo storico indefinito.

Il testo è accompagnato da alcune immagini. Si tratta di vecchie foto scansionate realizzate nei seguenti luoghi:

MAROCCO- bovini  domestici tipici del deserto

EGITTO- entroterra di Nuweiba - oasi (pozzo e palme da datteri)

EGITTO- monte Sinai- dirupi rocciosi, alba





La salgemma può essere davvero rossa come descritta nel racconto e all'età di tredici anni ebbi davvero la fortuna  di raccoglierne vari campioni direttamente in una miniera marocchina. Per me fu un'esperienza abbastanza avventurosa, una delle prime di questo tipo, così ho voluto ricordarla inserendo un riferimento nel testo.


Altro non mi sembra che ci sia da dire. Se non ringraziare, chi ha letto fin qui, per avermi dedicato un po' del proprio tempo!









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