FENICOTTERI E CICOGNE
tesori naturalistici del ravennate


1. LA CRIPTA

Questo viaggio nella natura del ravennate parte dall'imponente basilica di Santa Maria del Porto, l’edificio religioso dov'è ospitata la statua della Madonna Greca, la patrona della città. 

Roseto 

Più precisamente da una minuscola aiuola nel giardino adiacente alla Basilica. Qui infatti è presente una curiosità botanica. Si tratta  di 4 metri quadri scarsi di roseto di fronte a una fontana presso cui si abbeverano passeri e piccioni. Un fazzoletto di terreno curato dai volontari della locale sezione ANPI, un fatto insolito ma facilmente comprensibile se si legge la lapide che lo accompagna:


Esistono centinaia, forse migliaia di cultivar e ibridi di rosa. Molti altri sono stati creati in passato e oggi sono andati perduti. Altrettante storie sono legate alla loro creazione e ai loro selezionatori. Qui c’è una di quelle storie: Giulio Pantoli è stato un personaggio importante nel campo del vivaismo. Un uomo che finita la guerra è tornato a lavorare nel mondo della vivaistica e ha continuato a sperimentare nuovi ibridi di rosa fino alla morte, avvenuta l’anno scorso. 

Rosa H.t.  "Bella ciao"

Questa piccola aiuola, oltre a ricordare gli orrori del passato rappresenta anche una straordinaria testimonianza della capacità agricola delle popolazioni romagnole. Dietro il roseto parte un vialetto che costeggia l’ex monastero dei Canonici Lateranensi, che oggi ospita la pinacoteca comunale e porta nel retrostante Giardino Pubblico dove ha sede il Planetario. 

Colombi di città di Ravenna

Il parco si sviluppa attorno ad un avvallamento centrale, mantenuto a prato e decorato da una fontana. Ai lati due bei boschetti con cedri, cipressi, pini domestici, ippocastani, ibischi, palme e varie altre essenze. La presenza animale predominante è sicuramente quella dei colombi di città che qui trovano rifugio sulle mura della basilica, acqua illimitata alle due fontane e pure cibo in abbondanza, in parte offerto direttamente dai visitatori, almeno, così si intuisce dai cartelli sparsi in giro che invitano a non fornire loro cibo spiegando, con minuzia di particolari, le problematiche legate a questa pratica.

                                             Il parco retrostante la basilica di Santa Maria del Porto

Ma non sono certo i colombi gli unici abitanti del parco e provando a seguire i canti, scrutando tra i rami ed i giochi per i bambini, si possono osservare colombacci, tortore dal collare, verdoni, cinciallegre, passeri d’Italia e gazze. Sotto alcune siepi ozia pure un gruppo di gatti randagi.
Viene la tentazione di sfidare il caldo estivo e raggiungere la fontana al centro del prato per vedere se ci sono i pesci rossi ma sarebbe tempo sprecato, perché qui a Ravenna i pesci rossi non nuotano in semplici vasche ma in luoghi ben più suggestivi. Per vederli occorre andare in un altro importante monumento cittadino: la basilica di San Francesco, il luogo dove furono celebrati i funerali di Dante Alighieri. Qui, nell'oscurità della cripta, tra colonne sommerse e antichi mosaici, nuota un banco di pesci rossi.  Per assistere a questo insolito spettacolo occorre affacciarsi da una finestra che si apre proprio sotto all'altare principale.

La cripta della basilica di San Francesco

Tutto è buio ma accendendo la luce si materializza uno scenario surreale. Un ambiente sotterraneo, silenzioso, pavimentato con uno splendido mosaico e completamento allagato! Nella tranquillità che avvolge questo luogo la totale assenza di rumori crea un’atmosfera raccolta e misteriosa e tra le colonne parzialmente coperte d’acqua nuota un multicolore banchetto di pesci rossi. Penso siano gli unici al mondo a poter vantare un mosaico paleocristiano come fondo della propria vasca!
Chiaramente nessuno ha pensato di sommergere questi antichi mosaici per creare un acquario e c’è una spiegazione per questo fenomeno: la cripta, paleocristiana, si trova sotto al livello della falda e l’acqua vi zampilla dentro da vari punti, creando questo effetto suggestivo. I pesci rossi non sono stati introdotti in questo ambiente come semplice ornamento ma servono a mantenere pulita la cripta e i suoi mosaici nutrendosi delle alghe che altrimenti vi prolifererebbero.

                                                    Pesci rossi e mosaici sommersi

Sebbene le rose create da un ex-partigiano e i pesci rossi che nuotano nel silenzio di una cappella sotterranea siano soggetti curiosi è doveroso cercare anche qualche specie selvatica. Per farlo la cosa migliore è recarsi presso le saline di Cervia, uno degli angoli più suggestivi di tutto il ravennate. Lasciata la città ben presto, sulla sinistra, perfettamente inserita nella campagna circostante, appare l’inconfondibile basilica di Sant'Apollinare in Classe che con i suoi mosaici rappresenta un capolavoro dell’arte paleocristiana e segna un po’ il confine tra l’area urbana e le campagne circostanti.


        2. UN PAESE DI CICOGNE

 Sto guidando da qualche minuto quando mi trovo di fronte un cartello che mi lascia un po’sorpreso
Procedendo lungo la strada principale cerco di capire perché quello sarebbe il “villaggio delle cicogne”. In effetti sulla mia sinistra, lungo un bacino d’acqua, vedo molti lunghi pali sormontati da quei basamenti circolari che si usano quando si vuole invogliare le cicogne a fare il nido e, sorpresa, alcune piattaforme sono occupate: le sagome delle cicogne sono oggettivamente inconfondibili.

                                                           Nido artificiale per cicogne

Decido quindi di fare inversione e ripercorrere il paesino fino a trovare un punto dove poter ammirare questi splendidi uccelli e provare a capire che tipo di legame abbiano con questo piccolo paese. Dopo un po’ trovo una freccia che indica un’area di sosta alberata. Secondo la segnaletica sarebbe l’ingresso al “villaggio delle cicogne” vero e proprio e non mi resta che entrarci.
Fermo l’auto in quello che, a prima vista, sembra proprio il parcheggio di un ristorante grande e lussuoso! Mi chiedo se sono nel posto giusto o se quel “villaggio delle cicogne” non sia il nome di un centro commerciale o più probabilmente di un villaggio vacanze. Mentre mi incammino per il sentiero però vedo passarmi accanto uno splendido pavone spuntato dal nulla, mi sembra un buon segno: qui qualcosa d’interessante comunque c’è. Mentre ancora mi chiedo dove sia l’ingresso di questo luogo percorro un boschetto fino ad imbattermi improvvisamente in tre lunghi e alti recinti posti uno in fila all'altro e preceduti da un’ampia uccelliera. La gabbia ospita vari pappagalli che si arrampicano sui trespoli e sulla rete metallica ed hanno tutti delle grosse cassette in legno dove ripararsi. I recinti contengono ripari per gli animali e ampi laghetti attraversati e decorati da graziosi ponticelli in mattoni. Mi ricordano un po’ come stile le strutture per ospitare i grandi uccelli acquatici degli zoo marchigiani che visitavo da bambino negli anni 80. I recinti ospitano un sacco di specie: ci sono anatidi di ogni forma, colore e specie. Alcuni esotici, provenienti da ogni parte del mondo, altri autoctoni come la volpoca, un colorato volatile che popola anche le lagune circostanti. I palmipedi dividono i recinti con una coppia di gru coronate e vari polli ornamentali estremamente esuberanti. C’è persino una tartaruga terrestre che zampetta lungo il bordo della recinzione. Ma soprattutto ci sono i fenicotteri. Un mare di fenicotteri, un recinto ne è pieno.

                      Il recinto dei fenicotteri

I fenicotteri sono gli uccelli simbolo di questo territorio. Naturalmente non mi riferisco a questi esemplari ingabbiati ma a quelli che pascolano liberi nelle famose saline di Cervia. Certo, un recinto non era il luogo dove mi aspettavo di incontrarli durante questo viaggio e spero anche di vederli in natura, ma non posso non chiedermi se c’è un collegamento tra questi animali e quelli che popolano le saline. Potrebbe ad esempio trattarsi di uccelli feriti e qui ospitati perché non più liberabili in natura? Ad oggi non ho informazioni in proposito.
Superati i recinti e la voliera arrivo a un ampio lago di cava. Cormorani, gabbiani reali e comuni nuotano, pescano e si riposano nelle sue acque. 

Cormorani nel laghetto di cava

Alcuni passeri d’Italia volano tra le tamerici che crescono lungo le rive del lago. Nascoste all'ombra di questi rustici arbusti nuotano alcune anatre spose, presumibilmente si tratta di esemplari aufughi.

Anatre spose

 In lontananza, su di un nido artificiale, riposa una splendida cicogna. Un posto davvero bello ma il mistero non tende a svelarsi anche perché, se di fronte ho il lago, alle spalle ho un grande gazebo con tavoli sedie e altri arredi tipici di un ristorante, ci sono pure i bagni. L’impressione è veramente quella di girare, non invitato, in un locale durante l’orario di chiusura. Tuttavia c’è un sentiero attorno al lago e un cartello con scritto “VILLAGGIO CICOGNE” e a questo punto non c’è che da seguirlo e vedere di capirci qualcosa. Così mi trovo all'improvviso di fronte ad un’enorme voliera. L’atmosfera è surreale e bellissima, trasmette un senso pace. La struttura è immensa e moderna, lunga almeno 100 metri ed attraversata per l’intera ampiezza da un canale. Una voliera gigantesca e dispersa al centro di un nulla silenzioso fatto di campi di girasole. Da alcuni altoparlanti esce una melodia rilassante, anche se non c’è nessuno ad ascoltare, oltre a me, le cicogne, e un cane che gira tra la voliera e le transenne. La voliera è interamente dedicata alle cicogne, gli uccelli che ospita sono imponenti e maestosi, immobili come fossero assorti in una qualche contemplazione. 

Particolare della voliera

A spezzare un po’ la solennità del luogo ci pensa un simpatico airone guardabuoi entrato chissà come, forse seguendo le acque del canale e che adesso gira tra le mangiatoie in metallo alla ricerca di qualche boccone.
L’impatto emotivo che si prova qui è veramente forte. Si ha come l’impressione di trovarsi di fronte ad una proverbiale “cattedrale nel deserto”, una cattedrale dedicata esclusivamente a questi splendidi uccelli. Un luogo onirico, non trovo proprio altre parole per provare a descriverlo.
Un pannello didattico ne svela il mistero: come sospettavo sto girando per il parco di un ristorante. Un ristorante aperto nel 1982 in un’area dismessa. I due proprietari ristrutturarono l’area valorizzando il lago di cava presente al suo interno e successivamente aggiungendo aree predisposte per ospitare anatre, fenicotteri e altri uccelli. Nel 2008 decisero di seguire la loro passione e lanciarsi in un progetto ornitologico molto ambizioso: reintrodurre la cicogna bianca nel ravennate. Per farlo hanno realizzato le cose in grande costruendo la più grande voliera per cicogne di tutta Europa. Da quello che leggo l’acqua che attraversa il canale, provenendo da un corso d’acqua vicino, ne trasporta anche la fauna. In questo modo le cicogne integrerebbero la loro dieta cacciando animali acquatici ed in particolare il famigerato gambero killer”.

Gabbiani comuni presso il "Villaggio delle cicogne"

Il progetto è simile ad altri con lo stesso scopo: in pratica gli uccelli presenti nella voliera dovrebbero attirare quelli che attraversano il cielo durante la migrazione primaverile, convincendoli a restare. Arricchendo poi la zona circostante di apposite piattaforme si possono anche persuadere questi uccelli a nidificare. Da quel che leggo la prima cicogna a fermarsi in zona è stato un maschio, nel marzo 2012, da allora la popolazione di cicogne selvatiche in zona ha velocemente raggiunto e superato il centinaio di esemplari.

3. UNA VECCHIETTA DI NOME CAMILLONE

Per quanto il villaggio delle cicogne abbia rappresentato una bella sorpresa il mio scopo è comunque raggiungere gli ecosistemi marini ed in particolare le saline con i loro fenicotteri.
Superato il fiume Savio, nel punto in cui divide gli abitati di Castiglione di Ravenna e di Castiglione di Cervia mancano ancora 5 chilometri alla meta, cinque chilometri in cui il panorama cambia all'improvviso.

Castiglione di Ravenna visto dalle sponde del fiume Savio

Si passa così dalla fitta vegetazione a canneto che caratterizza le sponde del Savio ad un paesaggio piatto e rosa che contraddistingue le saline e si estende su entrambi i lati della strada. Un ambiente in cui si inseriscono strutture di grande interesse storico. Si inizia con “villa inferno” lo storico albergo che sorge dove, prima del 1700, era edificata Cervia Antica, poi spostata dal Papa (allora proprietario delle saline) nella più salubre collocazione attuale accanto alla costa. Sulla sinistra appare un perimetro di colonne che ricorda il luogo dove sorgevano le antiche terme ed infine ci si trova di fronte alla “Salina Camillone”: l’ultima salina ancora gestita con metodi tradizionali. In realtà la salina non ha più un interesse produttivo ma è una sorta di museo vivente dal grande valore storico, testimonia un’attività produttiva che risale ai tempi degli etruschi. Per qualcuno deve avere anche un importante valore sentimentale visto che è mantenuta in funzione da volontari, ex salinari o figli di salinari, che vogliono conservare la memoria di questo duro lavoro. Il più giovane di loro ha 71 anni!

 Lavoro presso la salina "Camillone" sullo sfondo l'ingresso alla salina moderna

Fondale della salina "Camillone"

La salina è circondata da un reticolo di canali bordati da tamerice e prugnolo. Qui pescano solitarie garzette mentre le rondini perlustrano il cielo a caccia di insetti. Alcune libellule Crocothemis erythraea sorvegliano i loro microterritori e diversi colombacci, uccelli comuni in tutta la penisola ma che non avrei mai associato a questo ambiente, si alzano in volo dalle sponde e dagli arbusti.

Garzetta in caccia presso la salina

Un marangone minore, un piccolo cormorano che in pianura padana è diffuso solo lunga la costa adriatica, attraversa solitario il cielo mentre alcuni suoi stretti parenti, i cormorani comuni, nuotano in un laghetto poco distante




Marangone minore in volo



Disseminate in questo paesaggio si possono notare delle piccole postazioni di guardia, le garitte, da cui i finanzieri sorvegliavano il lavoro dei salinari. Occorre ricordare che in passato il sale era un bene preziosissimo ed è stato anche, fino a poco tempo fa, un monopolio dello stato.

Garitta

Guardando verso la strada si scorge anche un casello ovvero un edificio dove i salinari venivano perquisiti e addirittura pesati (prima e dopo l’ingresso in salina) per evitare furti. L’edificio era abbastanza alto da permettere l’osservazione di una vasta porzione di cielo in modo da poter dare l’allarme in caso di nuvole sospette: le piogge infatti sono uno degli ostacoli principali alla raccolta del sale e quindi, in caso di maltempo, era imperativo smettere il lavoro e mettere al riparo quanto raccolto. Se le nuvole si avvicinavano e apparivano minacciose sul tetto del casello veniva issata un’ampia bandiera bianca. Questo segnale indicava ai salinari che dovevano sbrigarsi a caricare quanto prodotto sui barconi in ferro (di cui uno conservato ed esposto presso la salina Camilone) per portare il raccolto al sicuro.

4. UN ECOSISTEMA IN ROSA

Arrivati a questo punto non resta che visitare le moderne saline. Si tratta di luoghi aperti al pubblico dove tuttavia si lavora. Per visitarle occorre quindi passare per il centro visite del parco. Quando arrivo sta per partire un giro che, a quanto mi dicono gli operatori, è una delle occasioni più concrete di incontrare i fenicotteri. Attendo quindi il resto del gruppo di fronte al museo del sale osservando i passerotti che saltellano tra le tamerici. Quando l’intero gruppo si è radunato partiamo alla volta dei cancelli della salina. Li superiamo ed entriamo nell'area produttiva moderna. Una bella aiuola decorata da una garitta ci dà il benvenuto. Alle nostre spalle un grosso ailanto cresce davanti ad alcune rimesse, sui tetti zampettano i colombi.
Di fronte a noi si apre un ampio spazio con due enormi cumuli di sale: uno è del 2017 e l’altro è del 2018. Ci viene spiegato che quest’anno il sale non verrà raccolto perché… non c’è spazio dove metterlo! In effetti l’estate del 2017, caratterizzata da una drammatica siccità che ha colpito tutta Italia, ha avuto invece conseguenze positive per la raccolta del sale, attività che è favorita da un clima secco. Così quell'anno si è raccolto molo più di quanto il mercato richiedesse, ad esso si è poi aggiunto il raccolto del 2018 e ora non c’è più posto dove stoccare una nuova produzione!

Deposito del sale

A poca distanza da noi, dietro le rotaie, i carrelli per il trasporto del sale ed uno strano macchinario chiamato “drago sputa-sale”, si estende una grande vasca di evaporazione contenente il più prezioso regalo della salina: il fior di sale. Si tratta di cristalli che si formano sulla superficie dell’acqua solo in presenza di particolari condizioni atmosferiche, tanto raro che qui l’ultimo raccolto era stato nel 2017! Il fior di sale crea una patina bianca sulla superficie dell’acqua che altrimenti sarebbe uniformemente rosa, colore che testimonia la presenza del più importante “capitale biologico” di questo ambiente: la Dunaliella salina. Si tratta di una semplice alga unicellulare, invisibile a occhio nudo, tanto piccola quanto importante visto che sorregge l’intero ecosistema della salina.

Il rosa della Dunaliella nella salina

 La Dunaliella è l’unico organismo autotrofo a popolare queste acque e fornisce nutrimento a un minuscolo crostaceo, l’Artemia salina, che a sua volta è la preda di tutti gli uccelli di questo ambiente, compresi i fenicotteri che attraverso la catena alimentare assorbono i pigmenti rosa e li usano per conferire alle loro penne il colore che le contraddistingue. Sono tanti gli uccelli che frequentano queste acque alla ricerca di cibo. Il primo che incontro è il cavaliere d’Italia, un trampoliere bianco e nero che qui è presente con un gran numero di esemplari. Osservando attentamente gli stormi di questi uccelli si può notare anche la presenza di un altro limicolo, l’avocetta, presente con un contingente ridotto di esemplari e riconoscibile per il becco lungo e curvo. Questi eleganti uccelli pattugliano le vasche più profonde mentre gabbiani comuni e  quelli reali controllano le acque più basse.

Cavalieri d'Italia in salina

Persino i canali laterali hanno i loro piccoli ospiti, si tratta di alcuni gamberetti del genere Palamon, organismi marini che presumibilmente hanno raggiunto questi ambienti insieme all'acqua marina che alimenta le saline. Probabilmente hanno trovato qui un ambiente adatto a crescere, forse per il cibo o per la mancanza di predatori, non saprei, quel che certo è che si trovano bene e proliferano.

Malacrostacei del genere Palamon

C’è anche un piccolo e adorabile uccello che si alimenta in questi canali; il fratino. Un uccello straordinario che nidifica tra le sabbie e la cui presenza, sempre più rara, è indice di un ambiente ancora integro. Nelle saline vegeta anche una pianta erbacea eccezionale chiamata salicornia. Ai più è nota come asparago di mare e da qualche anno si trova anche nei supermercati, di solito nel reparto del pesce fresco. Ha un buon sapore tra il salato e l’amaro. Questi ambienti così estremi sono il suo habitat e proprio in questi luoghi è iniziato anche il suo uso come alimento. I salinari infatti la usavano per insaporire i cibi. Può sembrare strano che si usasse una pianta per condire proprio qui dove il sale viene prodotto, eppure c’è un motivo: il sale per secoli è stato l’unico, preziosissimo, mezzo per conservare i cibi e usarlo solo per insaporire sarebbe stato uno spreco.
Dopo aver visto le varie specie che popolano questi ambienti arriviamo alle acque dove stanno pascolando i fenicotteri. Inutile dire quanto siano eleganti.


Fenicotteri in salina, sullo sfondo gli impianti del parco divertimenti "Mirabilandia"

 E’ strano pensare che un uccello così grande ed elusivo nel nostro paese viva esclusivamente nei mini-ecosistema, di natura totalmente artificiale, rappresentati dalle saline. Anzi qui ha addirittura un ruolo nel ciclo produttivo del sale visto che, tenendo sotto controllo la popolazione di Artemia, facilita le operazioni di pulizia del prodotto finito!!

5.  ...E UNO IN VERDE

C’è ancora un ambiente da visitare se si vuole avere una panoramica della natura della costa romagnola ed è quello di pineta. Si tratta di boschi di origine antropica, creati dagli antichi romani e successivamente custoditi dai monaci benedettini, sono caratterizzati dalla prevalenza di pino domestico da cui i nostri antenati ricavavano i pinoli, all'epoca molto ricercati. Un bell'esempio di queste pinete è conservato tra Milano Marittima e Cervia. Vi sia accede da vari punti ma quello che consiglio passa dalla frazione di Terme. In fondo alla strada principale si trova un minuscolo giardino pubblico dove l’unica essenza ad alto fusto è proprio il pino domestico; ci si può quindi fare una prima idea dell’aspetto delle piante che contraddistinguono questo ambiente. Dietro al mini- parco i binari della ferrovia segnano il confine tra centro abitato e pineta. Un confine che si può superare tramite un cavalcavia ciclo pedonale che, ed è questo il motivo per cui consiglio di entrare da questo accesso, permette una peculiare visione dall'alto di questo straordinario ambiente.

Ingresso alla pineta... qualcuno ha perso il lucchetto della bicicletta!

Un luogo splendido ma che porta ben visibili le cicatrici di un recente disastro ambientale. Agli inizi di luglio infatti una violenta tromba d’aria ha devastato quest’area verde che è restata chiusa a lungo al pubblico. Dapprima non mi sembrava di notare nulla di così grave ma, arrivato nella parte centrale della pineta, effettivamente raggiungo una vasta zona dove i danni si notano eccome.  Una radura silenziosa, nata dal crollo di una vasta porzione di foresta.


Pineta di Cervia, sezione danneggiata dalla tromba d'aria

Una scena che ricorda le immagini delle foreste distrutte in Amazzonia e altri paesi tropicali. Quelle che si vedono nei documentari. Il senso di desolazione è lo stesso che trasmettono le immagini viste in televisioni, solo che qui ci passo fisicamente in mezzo. Un deserto. Non una pianta in piedi, non un arbusto, un uccello o una farfalla. Gli unici insetti che sembrano essersi adattati a questa calamità sono le Oedipoda germanica, quelle cavallette che quando si alzano in volo mostrano le ali rosse per disorientare i predatori.

Oedipoda germanica tra gli alberi abbattuti

Fortunatamente non tutto il bosco è ridotto così. In alcune zone si può osservare qualche albero caduto, magari ad ostacolare il passaggio lungo i sentieri, ma la maggior parte sono ancora in piedi. In altre zone sembra addirittura che non sia accaduto nulla: solo l’abbondante segatura fresca che in alcuni punti decora i bordi dei sentieri testimonia i recenti lavori di messa in sicurezza. Per quanto il bosco sia composto quasi esclusivamente da una sola essenza presenta molti scorci diversi. In alcuni punti è omogeneo e costituito solo da alte piante mature, in altri varie piante più giovani spezzano l’omogeneità della foresta, in altri ancora le roverelle e le farnie si sostituiscono alle conifere. Qualche pianta cresce isolata sul terreno spoglio mentre altre sono avvolte da un fitto sottobosco di rovi, prugnoli e altri arbusti. Sui margini del bosco si aprono radure ricche di specie erbacee che attirano farfalle di ogni specie.

Vegetazione erbacea al limitare della pineta

Con una rapida occhiata è facile osservare svariate tra le specie più appariscenti della nostra penisola: il macaone, il podalirio, la cedronella.

Podalirio in alimentazione

Nel bosco volano merli, gazze e colombacci e si sentono il richiamo del picchio verde e il canto dell’usignolo. Le lucertole muraiole scappano appena ci si avvicina e così pure fanno i ramarri, splendide lucertole che possono essere considerate uno dei simboli della fauna mediterranea. A guardare bene ci sono anche le tracce di vari altri abitanti del bosco: una fatta di riccio, le conchiglie del piccolo gasteropode terrestre Pomatia elegans, dei cartelli che indicano la presenza del criptolemo, un insetto usato nella lotta biologica contro gli afidi dei pini. Due corsi d’acqua attraversano questo ambiente: il canale del pino e il canale della Madonna del pino. Il primo è relativamente frequentato, alcuni turisti lo navigano in canoa e qualche pescatore si affaccia dai caratteristici capanni da pesca. Il secondo è un po’ più appartato e affacciandosi sulle sue rive si può ammirare la fauna che lo caratterizza. Nell'acqua si muovono silenziosi tre granchi alla ricerca di cibo.

Granchio nel canale della Madonna del Pino

Sembrano tre agenti segreti che si muovono in un ambiente a loro estraneo. Può sorprendere l’incontro con degli organismi marini in un bosco ed ancora più strano è notare come il fondale su cui si muovono sia cosparso di conchiglie. C’è una spiegazione però, tanto semplice quanto affascinante: questi due canali non sono corsi d’acqua dolce che arrivano alla costa ma sono il collegamento tra le saline e il mare. Trasportano un flusso di acque salate e insieme ad essa gli organismi che esse ospitano.

6. LA FINE DEL VIAGGIO

Un’altra pineta molto interessante da visitare è quella di Pinarella. Si presenta lunga e stretta, schiacciata dal centro urbano alle sue spalle, ma si affaccia direttamente sulla spiaggia di cui aiuta a preservare il fragile ecosistema.

Vegetazione dunale

Questo è il limite oltre al quale non posso spingermi e qui finisce il mio piccolo viaggio, ma la ricchezza di biodiversità del territorio ravennate continua nelle acque che mi trovo di fronte. Dalla varietà di reperti osservabili sulla linea del bagnasciuga si comprende come il mare di Cervia sia incredibilmente ricco di forme di vita: alghe verdi e rosse si arenano su una battigia cosparsa di conchiglie di ogni genere.  Tra i resti di vari organismi sono visibili anche anemoni e occasionali meduse.

Medusa spiaggiata

Non mancano i granchi e dai ritrovamenti spiaggiati si capisce che almeno due specie sono presenti in zona: faoni e granchi corridori. Oltre ai granchi c’è anche un altro piccolo e insolito crostaceo, il balano, un animale che non nuota libero ma ha una vita sessile, si attacca ad un substrato di vario genere da cui filtra l’acqua alla ricerca di sostanze nutrienti. Ve n’è di diversi tipi, alcuni attaccati alle cozze e ad altre conchiglie, qualcuno è persino attaccato al carapace dei granchi.

Balano su carapace di granchio

Ma sono le conchiglie a rappresentare la maggioranza dei resti spiaggiati, anzi a guardar bene il bagnasciuga stesso è formato da una sabbia costituita quasi interamente da frammenti di conchiglie triturati dal moto ondoso. Si notano facilmente valve di Cardium, cannolicchi e vongole, ovvero bivalvi tipici degli ambienti di spiaggia, ma ci sono anche testimonianze della presenza di cozze ed ostriche, solitamente legate agli ambienti rocciosi sommersi.

Cardium spiaggiato

 Non mancano neanche i gasteropodi con la loro straordinaria varietà di forme tra cui spiccano le olive, i murici (di cui si possono vedere anche i grappoli di uova) e le turritelle con le loro forme attorcigliate e geometricamente perfette. Raccolgo anche una conchiglia di piè di pellicano, un mollusco che prende il nome dalla straordinaria somiglianza con la zampa palmata degli uccelli acquatici. Ormai il sole sta calando dietro agli alberghi di Cervia, i gabbiani reali si stagliano in cielo pronti a riprendere il possesso della spiaggia man mano che gli ultimi bagnanti si ritirano. Creano un quadro molto poetico che conclude in maniera perfetta questa breve escursione nella natura del ravennate.




Zona visitata durante l'escursione






















Commenti

Unknown ha detto…
Molto interessante, grazie!

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