I giardini siciliani, persino quelli più piccoli, sono luoghi carichi di meraviglia. Euphorbie tanto grandi che le tortore vi si riparano dal caldo crescono accanto ad alte piante di yucca come solo in Uganda mi era capitato di ammirare. Splendidi ulivi ricordano che ci troviamo in un ambiente mediterraneo mentre slanciati pioppi cipressini richiamano immediatamente le rive ombrose del Po e le rose tea riportano alla memoria i roseti dei giardini inglesi. Le cycas infine, sparse un po’ ovunque, fanno letteralmente viaggiare nel tempo, ricordando quella che era la vegetazione di ere passate.
Ma il vero fascino arso della Sicilia è racchiuso nel silenzio di quegli orti circondati da muri alti ruvidi ed incrostati di chiocciole che si nascondono pudichi dietro le case. Un albero di limoni carico di grossi frutti segna l’ingresso squadrato ad uno di questi micro mondi silenziosamente poetici, fatti di terra bruciata dal sole e coltivati a melanzane, pomodori e zucche, con magari un alberello di prugne e uno di arance brasiliane.
Un luogo immobile dove sembra che solo qualche farfalla cavolaia, volando, porti un tocco di movimento. Però basta alzare lo sguardo per accorgersi di un’infinità di rondini, rondoni e balestrucci a caccia di insetti e delle planate di qualche gabbiano reale che ricorda quanto siamo vicini al mare. Ma l’ intero giardino in realtà è pieno di una vita immobile e discreta, quasi riflessiva. Sul bianco dei muri risaltano, ferme nella loro estivazione, chiocciole adulte di varie specie, ben distanziate tra loro, mentre le forme giovanili e le specie più piccole se ne stanno tutte raggruppate in macchie o ad incrostare gli steli. Sul suolo saltano tra i gusci vuoti di Rumina decollata le cavallette stecco del genere Acrida, gialle o verdi e sempre perfettamente mimetiche
I veri signori dell’orto se ne stanno nell’angolo in fondo, colorato da una porta di metallo verde, proprio dove crescono tre o quattro piante di robinia: si tratta dei gechi comuni. Silenziosi e con uno sguardo alieno sono quattro, o forse più, con i loro surreali occhi immobili come se fossero persi in una meditazione che dura da anni. All’imbrunire lasciano il posto al piccolo pigliamosche che, con i suoi rapidi voli a caccia di insetti dal palo tutore che usa come base, porta un’inaspettata nota di vivacità
Poi cala la notte e mentre assioli e civette emettono i loro richiami e, se c’è umido, le chiocciole Rumina escono dai loro rifugi sotterranei in cerca di insetti o altre chiocciole, l’orto diventa il terreno di caccia dei voraci gechi verrucosi che prendono possesso del campo appena lasciato libero dai loro parenti stretti.
La loro caccia terminerà solo all’alba quando questi rettili torneranno , da vere creature notturne, nelle fessure che usano come tane. Le rumine si rifugeranno nuovamente nel suolo ed i rapaci notturni cercheranno un anfratto sicuro per passare le ore diurne. Alle prime luci dell’alba tutto il popolo della notte scomparirà, come fantasmi , e l’orto tornerà in mano ad i suoi padroni diurni , silenzioso, come sempre.


Tutte la foto sono state scattate nella Provincia di Marsala, sulla costa occidentale della Sicilia




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